Adulti giovani e cura del creato

Il primo incontro di un percorso dedicato agli adulti giovani, a partire dalla Laudate Deum

Una sfida da cogliere

La prima età adulta è un momento della vita molto particolare, un momento di passaggio caratterizzato dalla costruzione del proprio percorso lavorativo, spesso segnato ancora dal precariato, dalla mobilità per motivi lavorativi o ancora è il momento in cui tutto questo si unisce alla costruzione della famiglia con la necessaria cura dei figli ancora piccoli oppure il momento in cui ancora si deve rimandare di fare figli perché manca la stabilità economica e lavorativa.

In questo momento cruciale della vita, l’Ac vuole accompagnare gli adulti giovani affinché non si trovino spaesati e soli nel passaggio dall’età “giovane” a quella adulta, la prima caratterizzata da numerose proposte pastorali, la seconda segnata dalla fatica di costruire percorsi di formazione più flessibili che tengano conto dei tempi lavorativi o della cura familiare oppure dalla difficoltà di allargare gruppi di adulti già rodati alla partecipazione di nuove persone più giovani, magari tornate in parrocchia dopo la nascita dei figli oppure trasferiti per lavoro da altre regioni d’Italia.

L’impegno dell’Ac

L’Ac di Roma ha deciso di cogliere questa sfida pastorale e lo ha fatto decidendo di ripartire dalle relazioni, dall’accoglienza, dalla cura, facendosi carico della fatica di camminare insieme tra pari, senza qualcuno più “adulto” che guida persone più “giovani” ma camminando insieme per quello che si è: adulti, giovani.

È iniziato quindi un percorso che, nel rispetto delle diverse esigenze e dei tempi di ognuno, si articolerà in quattro incontri dedicati a questa fascia di età, per costruire relazioni e prendere parte da protagonisti alla vita del Settore adulti. Al centro il tema della cura, la cura gli uni degli altri certo – che si concretizza in occasioni di fraternità, confronto e amicizia – ma anche la cura della società in cui viviamo, del creato, del bene comune, del noi più grande che è la Chiesa, la nostra città, il mondo.

Accogliere l’invito di papa Francesco

Il primo incontro di questo percorso si è svolto sabato 11 novembre. Il tema al centro del confronto è stato la cura della casa comune; gli adulti giovani hanno voluto così cogliere l’invito dell’esortazione apostolica Laudate Deum in cui papa Francesco ha invitato «ciascuno ad accompagnare questo percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e ad impreziosirlo con il proprio contributo» (LD, 69).

Il pomeriggio è iniziato con un trekking nella riserva parco naturale della Valle dell’Aniene. Un trekking reso forse più elettrizzante dalla presenza di un po’ di fango lasciato dalle ultime piogge, a ricordare che la natura non ha qualcosa da darci e da dirci solo quando è ammansita, ordinata, ridotta a un bello sfondo.

Con il calare del sole, ci si è poi ritrovati nei locali della parrocchia Santa Maria Maddalena de’ Pazzi per un confronto a partire dalle parole del papa e da alcune immagini provocatorie. Tre le frasi che possono riassumere le riflessioni emerse.

Tutto è connesso

Questa frase di papa Francesco è diventato quasi uno slogan sul quale costruire un futuro migliore. Esiste solo una crisi, che mette insieme la crisi climatica – nessuno può più negarla – le ingiustizie sociali, lo smarrimento del senso dei nostri stili di vita. Per comprenderlo si può pensare che dietro a un pomodoro a poco prezzo che noi acquistiamo si cela la vita di un migrante sfruttato nei campi; che dietro alla stessa storia di migrazione di quella persona ci può essere il bisogno di fuggire a una delle tante guerre che scoppiano per motivi economici o per il controllo delle risorse oppure la necessità di migrare perché con il cambiamento del clima diventa più difficile coltivare o affrontare fenomeni meteorologici estremi proprio nelle parti più povere del pianeta.

La crisi climatica sono collegata alle tante crisi sociali e soprattutto sono collegate ai nostri stili di vita. La cultura dello scarto ci porta a consumare più di quanto abbiamo bisogno (e più velocemente del tempo necessario a dare un senso a ciò che acquistiamo e facciamo) ma anche a considerare alcune vite più degne di altre. L’immagine che ha guidato la riflessione è stata quella del deserto di Atacama in Cile, trasformato in un’enorme discarica di vestiti provenienti dai Paesi ricchi, da noi tutti che acquistiamo capi a pochi euro per indossarli poche volte e poi cambiarli. Quando qualcosa costa così poco è perché qualcun altro sta pagando un costo: i lavoratori o l’ambiente.

Nessuno si salva da solo

Le immagini da cui è partito il confronto ci ricordavano anche che per costruire i nostri dispositivi elettronici, anche quelli più efficienti, occorrono terre rare e altre risorse per estrarre le quali si può creare nuovo sfruttamento; che bisogna sostenere le comunità aborigene che lottano contro la deforestazione delle foreste tropicali realizzata per far spazio alle coltivazioni di soia o di palme per i paesi sviluppati o per le nuove economie emergenti; che le tante specie animali e vegetali in via di estinzione non sono solo future risorse che vengono meno ma soprattutto sono creature che, se estinte, non potranno dare gloria a Dio con la loro esistenza e comunicarci il proprio messaggio.

Nel 1968 la prima foto dallo spazio della terra ha reso evidente all’umanità che il luogo in cui viviamo è un pianeta fragile che va difeso. Il papa durante la pandemia ci ha ricordato che «nessuno si salva da solo, perché siamo tutti nella stessa barca tra le tempeste della storia». Di fronte alla sfida dei cambiamenti climatici non ci sono soluzioni tecniche. La salvezza non è nel “paradigma tecnocratico” cioè nella pretesa che sia l’uomo con il suo ingegno a poter risolvere tutto, ma nello scoprirsi creature, unite nell’amore di Dio a tutte le creature e al creato di cui siamo chiamati a prenderci cura.

Tutto concorre all’insieme

Di fronte a una situazione che è più grande di noi e di qualsiasi singola azione noi possiamo fare, il papa ci dice di non demoralizzarci, di non pensare di non poter fare nulla ma anche di non sottovalutare i piccoli gesti che compiamo. Siamo chiamati ad aprire strade, a costruire comunità, ad allargare lo sguardo da noi stessi alla società, impegnandoci in prima persona per il bene comune. «Non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone» (LD 71). Il papa pone la cura del creato all’interno del nostro percorso di conversione e di fede. Noi che siamo adulti – quindi già responsabili del mondo – e giovani, cioè persone che guardano più al futuro che al passato, non possiamo non accogliere la richiesta che papa Francesco rivolge a tutti gli uomini di buona volontà.